lunedì 29 settembre 2008

I Venti Suggerimenti

Penso che sia arrivato il momento di avviarci alla stesura di una bozza dei venti suggerimenti che poi porteremo in Francia tra poco più di due settimane. Siccome già siamo impegnati con i vari incotnri pomeridiani, perchè non cominciamo a scrivere qui sul blog quali possono essere i venti suggerimenti? Contribuendo e discutendone un po' tutti, potremmo già arrivare a un risultato soddisfaciente.
I pilastri su cui abbiamo lavorato ci sono, possiamo proprio partire da quelli: libertà, informazione, formazione, educazione, morale.. la gamma è ampia, e direi che chi vuole può iniziare a lasciare commenti, indicando quali possano essere uno o più suggerimenti proponibili!

Matematica è futuro!!

Piccole (si fa per dire!) provocazioni emerse dal dibattito con il dott. Amadori :
1)sillogismo n°1: le "cose" del mondo appaiono soggette a regole; la matematica è studio delle regole ; dunque se vogliamo modificare le "cose" dobbiamo usare la matematica!
2) sillogismo n°2: la nostra civiltà si basa sulla tecnologia; la tecnologia si basa sulle scienze; le scienze si basano sulla matematica; dunque la nostra civiltà si basa sulla matematica!
3)La potenza della matematica sta nella possibilità di descrivere insiemi diversi con stesse regole e concetti, ovvero sia la matematica può astrarre.
4) La matematica, nella sua costruzione, sfrutta le aree del cervello utilizzate anche per il linguaggio. Per cui chi dice di esser negato nelle materie scientifiche preferendo quelle di campo umanistico, si contraddice!



Ecco, sono solo suggestioni, piccole frasi che però possono essere utilizzate come punto di partenza per capire che la conoscenza di cui andiamo alla ricerca, comprende anche una parte scientifica forse poco trattata.
Da parte mia, ritengo che si debba dare sempre più importanza a questo tipo di conoscenza, forse perché io stesso ne sono affascinato, e il dibattito di oggi, alimentato anche dal rapporto che esiste fra la matematica e il vari rapporti con il mondo, da quello universitario fino a quello della musica, mi è servito come stimolo ad approfondire certe curiostà, certe conoscenze e a cominciare a vedere la realtà con occhi differenti.
Certo, è difficile dialogare e avere le stesse idee su concetti di questo genere, ma proprio per questo dobbiamo confrontarci!
Io la mia posizione l'ho espressa, ora tocca a voi!!

domenica 28 settembre 2008

Incontro con il Dott. Arrigo Amadori

MatematicaEFuturo

Sapienza e Conoscenza: quale rapporto?

Mi è venuta in mente una domanda riflettendo sul nostro compito nell'Europa del futuro.
A che cosa andiamo alla ricerca veramente? Alla conoscenza o alla sapienza? Sono due cose che tra loro si completano, oppure l'una è disgiunta dall'altra?



Ovviamente le risposte che ho tentato di darmi sono state di vario genere, ma tutte inconcluse. Può essere la sapienza una dote innata(per riallacciarsi a una domanda posta nell'incontro con la dottoressa Hamon)?
Voi che ne pensate?

mercoledì 24 settembre 2008

L'emozione è il tramite tra il nostro Io e il mondo che ci circonda

Francesco Furno risponde a Lorenzo Casadei.
Dato che ho sollevato io il dibattito sul legame tra conoscenza ed emozioni proverò a illustrarti il mio pensiero attuale.
Prima di tutto, mi sembra facilmente sperimentabile che una conoscenza associata ad un'emozione, come potrebbe essere la felicità, la curiosità, o anche la paura, è una conoscenza che assume un rilievo superiore rispetto a quella che potremmo definire una "conoscenza apatica". La dottoressa Hamon ha spiegato che una qualsiasi conoscenza è sempre accompagnata da una caratteristica emotiva, che varia tuttavia sotto il profilo dell'intensità.
Quindi, sulla base di questo, assumiamo che una visione riduzionistica che tende a scindere la conoscenza dall'emozione è errata. Ciononostante, mantenendo questa organicità tra le due, pensiamo che quella che ho definito "conoscenza apatica" sia una conoscenza accompagnata da emozioni di intensità ridottissima. Ecco quindi che risulta calzante il mio esempio di conoscenza apatica riguardo alle leggi fisiche della termodinamica (nel mio caso, ovviamente).



Intuitivamente in un secondo momento, riflettendo sulla discussione, ho costruito un "ponte" tra un problema a me caro e questo legame tra emozioni e conoscenza.
Chi mi conosce e ha avuto occasione di assistere agli incontri estivi con me sa che ho particolarmente a cuore la tesi di Evandro Agazzi a proposito della crisi dell'educazione e del limite/problema della conoscenza nozionistica. In poche parole, egli critica il sistema scolastico in quanto esso non è in grado di fornire una conoscenza compresa realmente e interiormente dallo studente e che egli definisce "noetica" (da Aristotele); infatti, l'unica conoscenza che il sistema dell'istruzione è in grado di fornire è di tipo nozionistico e conseguentemente vuota, distaccata, inefficace.
Mi sono chiesto numerose volte come acquisire conoscenza sul piano noetico. Il motivo di questa preoccupazione è evidente: tale conoscenza mi è incredibilmente più utile. Con questa conoscenza, io sono più potente. Ragionando su un esempio fatto dal mio professore di storia e filosofia, riguardante la Rivoluzione Industriale e concernente la differenza tra il grado di conoscenza di un contadino che mai ha letto un libro nella sua vita e quello di uno studioso di agricoltura -in senso generale-, io assegnerei l'aggettivo "noetico" alla conoscenza del primo e "nozionistico" alla conoscenza del secondo.
Questo perchè, dopo l'incontro con la professoressa Hamon, mi sono risposto che la differenza tra il noetico e il nozionistico sta nel legame che il nostro Io instaura con la conoscenza con cui viene a contatto. Il contadino possiede un incognito numero di nozioni, non elevato; tuttavia egli le ha tutte estrapolate da un ambiente circostante che ha scatenato in lui fiumi di emozioni e ha lasciato segni indelebili sul suo Io. Egli possiede quindi una conoscenza formalmente scadente, ma di tipo noetico, quindi più potente.
I libri, per quanto ricchi, sono perlopiù apatici. Un professore svogliato o incompetente è apatico. Uno studente che non si pone domande e che non è guidato dalla curiosità, dal “thauma” (=meraviglia) vive perennemente in uno stato di apatia.
Ergo, l'emozione è il tramite tra il nostro io e il mondo che ci circonda; essa diventa il mezzo necessario in grado di convertire la nozione in "noesi" (sempre per citare Aristotele e Agazzi).
E' evidente che io non sono nè un educatore, nè un analista.
Questo non elimina però il dato fondamentale che io sia un essere umano dotato di emozioni e conoscenza. E questa ineludibile mia caratteristica mi fa affermare che ogni qualvolta ho accompagnato la conoscenza con l'emozione, la prima ne è uscita notevolmente rafforzata e mi ha dato "di più". E' diventata più potente.
Da questa riflessione possono scaturire logicamente due conclusioni (più o meno condivisibili):
1 - La ragione assoluta (nel senso di distaccata) non è il percorso adatto per porre fondamenta pratiche (etiche) all'attività umana. La mancanza di emozioni conduce ad un vicolo, che può essere formalmente corretto, ma che ignora beatamente la vera natura umana. E questo è fondamentale nella costruzione di una società europea della conoscenza.
2 – Se vogliamo migliorare, dobbiamo imparare a richiamare emozioni e a collegarle ai concetti; per fare questo dobbiamo cogliere il senso profondo e trascendente di ogni situazione. Immaginare, cioè, in che modo tale nozione possa diventare una circostanza tangente al nostro Io. Ne potrebbe nascere così una conoscenza organicamente unità, tenuta insieme dal collante delle emozioni. E, in quest'ottica, si potrebbe far coincidere UNA cultura con la MOLTEPLICITA' delle conoscenze.
Questa pluralità è riferita al modo di interiorizzare l'unica conoscenza; in questo modo possiamo affermare che la cultura è una e che il rischio di omologazione delle persone è allontanato, almeno per il momento.

martedì 23 settembre 2008

Incontro con Catherine Hamon

Bene, ora il ciclo di dibatti ha preso inizio, e giusto ieri presso la sala endas a Cesena si è tenuto l'incontro con la neuropsichiatra infantile Catherine Hamon. Devo dire che già dal titolo, pensavo che non sarebbe stato un incontro del tutto ordinario. Infatti la dottoressa Hamon mi ha davvero colpito molto, sia come persona in sé, sia come neuropsichiatra. In prima battuta, non si è preoccupata di dire chi è, cosa fa, dove lavora, ma è partita facendo subito un confronto fra l'adolescenza e la gravidanza. E già come inizio la dice lunga. Poi si è aperto un dialogo con noi, su cosa ci aspettavamo da questo progetto, da quali motivazioni siamo stati spinti, con quale fine e via dicendo.
Sicuramente mi ha colpito davvero tanto paragonare la nostra mente, le nostre azioni e i nostri pensieri a quelli dei bambini.



Conversare sulla interdisciplinarietà, sulla conoscenza, sulla curiosità e sul pensiero in un'ottica molto diversa dal consueto, è stato davvero costruttivo, almeno per me è servito molto. Anche se non si è parlato dei massimi sistemi o delle leggi che regolano l'universo, penso che Catherine Hamon abbia fatto nascere in noi una considerazione notevole da portare con noi a Parigi: in fondo, la semplicità è lo strumento migliore per comunicare. Così grazie ad un linguaggio semplice siamo riusciti a formare una conversazione molto interessante, su argomenti difficili, ma che con esempi pratici, a cui la dottoressa ricorreva spesso, si sono rivelati molto più conprensibili.
Ecco, penso di non dilungarmi oltre altrimenti si potrebbero scrivere mille altri aspetti riguardo alle cose su cui abbiamo parlato, per cui sollevo solo un'ultima questione, che potrebbe essere discussa:
Un problema che riguarda noi ragazzi è quello dell'istruzione, dell'apprendimento di nozioni, concetti e quant'altro. Durante il dibattito, si è parlato di conoscenza contaminata da emozioni, ma anche di grande assenza di motivazione da parte nostra ad apprendere. Voi cosa ne pensate?

sabato 20 settembre 2008

Prometeo: un racconto scritto da Lorenzo Montanari

È come il sesso. Che quando si va oltre al piacere si cade nella perversione.
È come il sole di agosto. Che quando si va oltre alla tiepida abbronzatura si finisce ustionati.
È come le immersioni. Che quando si va oltre le proprie possibilità si rischia di affogare.
È come Icaro. Che non seppe frenare le sue ali quando gli dei glielo ordinarono e finì per cadere nell’oceano per non farne più ritorno.
E così sarebbe dovuto essere il mio lavoro. Allo stesso modo avrei dovuto fermare la mia mano una volta che questa aveva osato troppo. Mi sono spinto oltre quel limbo di incerta licenziosità che mi concedeva di sperimentare ciò che nessuno aveva mai sperimentato.
Come Icaro ho oltrepassato il limite della tracotanza.
Ora il mio lavoro è il mio crimine. Ora ciò che ho creato è ciò che devo distruggere.
Ho superato quella muta barriera etica che separa il mio lavoro di scienziato da quello di un fanatico. Sono entrato in una sfera di peccato che compete ai pazzi, non agli uomini di scienza.



Sono un professionista della scienza, eppure ho trasgredito i miei giuramenti.
Sono un cattolico, eppure ho peccato contro la famiglia, contro Dio.
Però questo è tutto ciò che da anni sognavo, questo è tutto ciò per cui da anni vivo. Dal sei ottobre duemila, quando il mio piccolo Marcel è stato investito da quella macchina assassina e, a soli tre anni, ha dovuto abbandonare questi luoghi, il suo parco giochi, il suo trenino preferito… con quale diritto Dio potrebbe biasimarmi per quello che ho fatto se Lui ha avuto la presunzione di decidere di strapparmi mio figlio? Quale Dio fa questo ad un uomo qualunque e si permette poi di vietarmi di toccare il mio paradiso per un giorno, un mese o un anno, cento anni?
Nelle ultime settimane mi sono interrogato e mi sono risposto che me lo merito, che è la mia ricompensa, la mia panacea.
Marcel non aveva fatto nulla per cui dovesse esser punito. Marcel era candido, era innocente. Eppure Tu hai voluto metterlo su quella strada, hai voluto che quella macchina incrociasse quella strada. Tu hai voluto che lui morisse.
Nelle ultime settimane ho superato quel limite che tutti si sono sempre posti. Ho infranto i limiti ma l’ho fatto per una causa giusta, per una motivazione più grande di qualunque speculazione. Ci sono ragioni umane che vanno oltre ogni legge o ogni dogma. Ci sono sogni, ci sono speranze, ci sono dolori al di là di qualunque polemica, di qualunque disegno di legge o referendum.
Nessuno può permettersi di giudicare su una sfera così intima e così ingiudicabile. Nessuna legge, nessuno può dirmi se seguire o no il mio sogno.
Il mio stesso cuore è a pezzi per ciò che ho fatto, il mio stesso cervello mi grida di scappare, cancellare tutto questo. Eppure questo bambino che tengo tra le mani è tutto ciò che in questi otto anni ho sognato. Gli stessi occhi e le stesse manine.
Non si possono porre limiti a certi bisogni. Io non parlo solamente di me. Parlo di chi sogna di avere un bambino, o di chi sogna di potersi salvare da una malattia che non gli lascia scampo. Parlo di tutti coloro che la medicina potrebbe aiutare ma che le leggi tengono lontani da queste possibilità.
È ora di smetterla con questo buonismo o questo spirito falso e bigotto. Io sono stato il primo, io sono il Prometeo di un nuovo mondo che conoscerà una nuova rivoluzione di spiriti e di culture.
Ognuno ha diritto di avere la sua felicità, sempre rispettando l’eticità dell’esistenza, ma senza lasciare che falsi buonismi gli neghino il suo pezzo di paradiso.
Io sono il primo. Dopo di me saranno milioni.
Questo bambino è Marcel e questa volta non lascerò che nessuno me lo porti via.

mercoledì 17 settembre 2008

Cosa possiamo chiedere alla scienza e cosa non possiamo chiederle

Il 17 giugno, presso l’Hotel della Città di Forlì, abbiamo tenuto un incontro molto interessante con il filosofo Igino Zavatti per approfondire le nostre conoscenze e per fare un passo avanti verso la redazione dei venti suggerimenti da portare in Francia ad ottobre. Siamo partiti proprio dalla domanda “Cosa chiedere o non chiedere alla scienza?” per arrivare a discutere sulla differenza fra scienza e conoscenza. Il primo risultato ottenuto è stato la consapevolezza che la scienza fa parte della conoscenza, ma non la esaurisce e procede per oggettivazioni, con metodiche diverse in funzione dei diversi campi di esperienze. Ma l’oggettivazione viene sempre ricercata per avere una verità unica, salda, da utilizzare come fondamenta per altri studi.



La nostra attenzione si è concentrata poi sul problema della verità: “La verità esiste? Non esiste? Nella scienza è presente oppure no?” Analizzando tre grandi momenti storici, ovvero il mondo greco, l’età galileiana e il mondo odierno, abbiamo concluso che la verità è relativa alla maniera in cui si considera un oggetto. Dipende sostanzialmente dal punto di vista e questo non significa che questa realtà sia inconfutabile. Infatti il filosofo Popper, uno dei partecipanti al Circolo di Vienna nel XX° secolo, andando contro il principio della verificazione elaborato dai suoi coetanei, fondò quello della falsificabilità, che consiste nella simmetria fra il verificare un teoria e la falsificazione della medesima. Il processo storico che ha portato alla consapevolezza dell’esistenza di una verità assoluta ha origine nel pensiero greco. Successivamente con Galileo entra in gioco anche l’esperimento, strumento fondamentale per dimostrare un’ipotesi. Ma, come nei Greci, anche in Galileo il sapere ha uno stretto legame con il divino, anche se ad un livello diverso. Per lui, infatti, solo tramite la conoscenza matematica si può giungere ad una cognizione elevata come quella di Dio. Bisognerà aspettare l’800 e il ‘900 perché la matematica vada in crisi ridimensionandosi per importanza e divenendo un semplice sapere umano.
Ed ecco che qui si è aperto un nuovo quesito: “La matematica, come scienza, è invenzione o scoperta?” Potrebbe essere, secondo alcuni ragazzi, un’approssimazione della realtà attuata dall’uomo per scopi pratici. In effetti, la matematica è nata inizialmente come mezzo utile alla vita quotidiana, e solo in seguito con la scuola pitagorica, si è evoluta come scienza basata sulla dimostrazione. Alla fine della discussione abbiamo concluso, che con la nascita della scienza è iniziato lo studio degli oggetti per conoscere la realtà quale essa è. Rapportandoci con il mondo attuale, abbiamo osservato che la tecnoscienza attua le sue ricerca per scopi pratici e si alimenta grazie alla tecnologia, che non ha limiti. Ma è grazie ai Greci che è nato lo studio della natura che vale di per sé, e questo è l’asse portante della cultura europea. Non è un caso che le università (dal termine universus utilizzato per designare il sapere disinteressato dall’utile) siano nate in Europa.
Pertanto la nostra attenzione si è concentrata proprio su questo aspetto: la ricerca di base, il sapere senza fini pratici, la ricerca basata sullo spirito di conoscenza priva di altri interessi. Secondo Zavatti, oggi la scienza di base è fondamentale, rappresenta l’aspetto sul quale più si deve investire, perché rappresenta la base di conoscenze che permetterà di risolvere le problematiche cui la ricerca applicata non fornisce soluzione. Questa affermazione è condivisa da tutti noi. In realtà, il mondo industriale ha bisogno di una ricaduta immediata delle ricerche sul mercato per poter continuare a finanziare la ricerca, indi per cui fare progredire la ricerca di base risulta un lavoro arduo.
Dopo questa riflessione, siamo passati a discutere il problema del senso, la ragion pratica e l’eterogeneità dei fini di Kant, per concludere la nostra conversazione con una domanda: “Se la scienza fosse un palcoscenico, quali sarebbero i personaggi e quale ruolo assumerebbero?” A questo proposito, siamo ripartiti da una base storica. Per i Greci esistevano solo due figure, il soggetto e l’oggetto. Successivamente, è subentrato un altro personaggio, ovvero la comunità scientifica, la quale deve esser convinta della teoria di cui lo scienziato è portatore: ecco dunque che un mezzo di primaria importanza è divenuto la retorica, elaborata nell’antica Grecia dai sofisti.
Dopo queste considerazioni, abbiamo concluso come, per arrivare a costruire una società della conoscenza, sia necessario prendere in seria considerazione la dimensione culturale della scienza, attraverso quei diversi approcci, come quello storico o filosofico, che sono le fondamenta della cultura.

Lorenzo Casadei, 17 anni

Riflessione sui concetti di libertà e conoscenza

Fabio Toscano aveva lanciato il sasso nello stagno raccontando ai giovani partecipanti il processo a Galileo. I ragazzi erano partiti compiendo una serie di ricerche bibliografiche sul rapporto tra scienza-società, scienza-etica, scienza-poteri e scienza-libertà. Dal dibattito che ne era scaturito era emersa l'esigenza di far luce sul significato di libertà, libertà individuale, libertà in un contesto sociale. Durante la presentazione dei lavori e la discussione successiva era affiorato alla coscienza il connubbio conoscenza-libertà. Questo testo ripercorre il processo logico seguito da uno dei partecipanti al dibattito, Francesco, 18 anni:



Tutto il ragionamento è partito dal concetto di libertà. Infatti è necessario chiedersi quale sia il significato della parola libertà per poter poi realizzare un progetto ambizioso come il nostro, dato che ogni società ha un ordinamento etico morale a cui fa riferimento. Questo campo, quello pratico, quello della morale, è ciò che più regolamenta la vita degli uomini e segna la qualità dei rapporti collettivi. La morale è intrinseca nella società. Sebbene la morale possa variare nel corso della storia all'interno di una stessa società, le nostre società hanno ormai riconosciuto nella libertà uno tra i fondamentali parametri di ordinamento pratico. Infatti, dopo secoli di schiavitù, guerre, tirannie siamo arrivati, nel XXI secolo, ad una situazione globale molto migliorata rispetto al passato. Una situazione nella quale buona parte della popolazione usufruisce di quel concetto di libertà di cui stiamo parlando. Credo che alla base di ogni ordinamento dei moderni paesi ci sia il principio di libertà: il che significa che tutti gli uomini sono liberi, che c'è libertà di pensiero, libertà di stampa…
La seconda tappa del ragionamento è cercare di definire più specificatamente il concetto di libertà: sono convinto, infatti, che la libertà di un individuo non possa essere considerata assoluta in nessun modo. Infatti, la libertà concessa ad un individuo è una sorta di patto che i cittadini stringono reciprocamente. La quantità di libertà concessa all'individuo deve essere sufficiente a garantirgli una vita soddisfacente e ricca di possibilità e priva il più possibile di costrizioni. Tuttavia, le costrizioni sopraggiungono sempre.
L'uomo è un animale sociale, una specie che trova la sua forza nella collettività e che quindi non può permettersi il lusso di allontanarsi dal gruppo e vivere in maniera individuale poichè così si ritroverebbe molto più debole e più esposto ai pericoli che mai. L'uomo allora decide di cedere, di limitare, la sua libertà in funzione di una maggiore sicurezza che viene offerta dal collettivo. Se ci pensiamo un attimo, avere più sicurezza significa anche avere più libertà. Un individuo debole, esposto ai pericoli, isolato, è schiavo di ciò che lo circonda e delle sue necessità e, in questo senso, potremmo affermare che le sue libertà sono limitate.
Quindi, il patto della società è un baratto: si cede libertà in cambio di un'altra libertà, la sicurezza.
Tuttavia un individuo che usufruisce della forza del collettivo può anche tentare di ristabilire una sua libertà assoluta, sebbene questo entri inevitabilmente in contrasto con la comunità. Durante il dibattito abbiamo fatto l'esempio di una banda di naziskin che hanno dichiarato pubblicamente ideali anti-semiti e hanno dimostrato una convinta intenzione di utilizzo di mezzi concreti contro individui vittime.
Sono stati arrestati. (Reazione della società)
Qualcuno ha chiesto: ma la libertà di questi naziskin dov'è, se non sono nemmeno liberi di professare i loro ideali?
La mia risposta è stata che professare quel particolare tipo di ideologia viola il patto che è stretto dai membri della comunità in quanto ha il chiaro intento di sopprimere la libertà, concordemente concessa in passato a quel determinato gruppo vittima di individui.
Entra ora in gioco la conoscenza.
Usando le parole "concordemente concessa in passato" mi riferisco al concetto di conoscenza, che assume un ruolo di chiave di lettura delle decisioni e dei comportamenti. Infatti, è solo grazie alla conoscenza che l'uomo ha avuto l'opportunità di riconoscere gli sbagli del passato e di smentire personaggi come Kipling (quando parla della missione dell'uomo bianco di civilizzare le altre etnie) e quindi di riconoscere la sostanziale uguaglianza tra gli uomini, sebbene differiscano nei tratti somatici.
Si delinea così il primo legame tra i concetti di conoscenza e di libertà.

Durante la riunione ne abbiamo introdotto un secondo, fondamentale per la costruzione della società della conoscenza:
con il progredire degli anni la conoscenza si sta andando ad uniformare, almeno in una delle sue parti, con la tecnologia. La tecnologia è ciò che più oggi, come mai prima d'ora, si identifica con la conoscenza. Aumentando la tecnologia, aumenta la conoscenza. E' una crescita esponenziale, implacabile, e che necessità di un ragionamento continuo da parte di intellettuali e filosofi. La conoscenza va legittimata, va testata, va approvata.
Per capire quanto sia rilevante il ruolo della tecnologia oggigiorno, facciamo un esempio preso dagli albori della civiltà umana:
gli uomini primitivi vivevano durante il giorno, durante la notte dormivano. Non potevano, quindi non avevano la libertà di vivere diversamente. Un giorno giunse la tecnologia (la conoscenza): l'uomo scoprì il fuoco. La sua vita mutò. Di giorno cacciava, di notte poteva rimanere sveglio. Poteva cuocere gli alimenti. Migliorò la qualità della vita e di conseguenza essa si allungò. Aumento il tempo "libero". Aumentarono le possibilità umane, aumentò la libertà dell'uomo.

Francesco Furno, 18 anni

Galileo, la svolta del pensiero: una ricerca

Galileo Galilei (Pisa 1564 – Arcetri, Firenze 1642) è considerato il padre della rivoluzione scientifica e uno degli iniziatori della nuova età della conoscenza del genere umano.
Nel corso della sua vita Galileo realizzò numerose scoperte, raggiunse nuove verità e proprio per questo si trovò in contrasto con l'autorità della Chiesa.
Nel 1633 arrivò il processo a Galileo che terminò con la sua abiura. Oramai lo scienziato pisano aveva però dato il via ad una nuova epoca del pensiero.
Nell'alba del genere umano, l'uomo aveva paura di ciò che lo circondava e per difendersi si alleò con delle potenze, come per esempio divinità che dominassero il mondo tramite la volontà, che garantissero la sua sopravvivenza,
Con il passare del tempo prese il sopravvento il pensiero greco che introdusse il concetto di verità: solo conoscendo la verità, infatti, è possibile tutelare la propria esistenza e questo perchè la verità è una sicurezza irremovibile.
Il pensiero greco venne poi eclissato dall'avvento del pensiero cristiano che attribuì il concetto di verità e il suo importantissimo valore al Dio antropomorfo e alle sue rivelazioni agli uomini. Accadde quindi che venne considerata verità quella racchiusa nelle Sacre Scritture. Il problema della conoscenza nacque appunto perchè ciò non racchiuso nelle Scritture – effettivamente una grande quantità di nozioni – non poteva essere considerata verità.
Il dibattito venne placato in un primo momento da San Tommaso d'Aquino che dimostrò come le verità scopribili con la ragione e con i sensi coincidessero con quelle espresse nei testi sacri.
Tuttavia, le scoperte nel mondo aumentavano sempre di più e, collocandosi in testa ad una schiera di personaggi quali Guglielmo d'Ockham, Francis Bacon, Giordano Bruno e Niccolò Copernico, Galileo Galilei e Copernico distrussero completamente la cosmologia aristotelico-tolemaica: distrussero quindi la verità delle sacre scritture.
La verità venne così meno e l'autorità della Chiesa si difese attaccando i promulgatori delle nuove verità. Un problema irrisolvibile come questo nacque nel 1500 e perdura ancora oggi.
Se da un lato era stata minata per sempre la concezione cristiana del mondo, dall'altro si erano poste le fondamenta per la costruzione di una nuova concezione del mondo: quella dello scienziato, convinto che il mondo funzioni nel modo più ragionevole possibile e che quindi possa essere scoperto gradualmente. Una visione che, oggi come oggi, è intrinseca più che mai nella nostra cultura.

Galileo-La Svolta Del Pensiero

Poteri e Scienza: una ricerca

La nostra indagine è partita dal Canto 26 dell’Inferno dantesco al fine di analizzare il rapporto tra potere religioso-politico e scienza. Per quanto riguarda il primo aspetto abbiamo sottolineato come la contrapposizione tra scienza e religione non sia irriducibile e come spesso si vada incontro a falsificazioni storiche. Un caso particolare è rappresentato dalla religione musulmana. Non dobbiamo neppure dimenticare i casi in cui l’opinione scientifica si è scontrata con quella religiosa ricordando anche il celebre discorso tenuto da Benedetto XVI a Ratisbona. A proposito del rapporto tra scienza e fede ci è sembrato interessante un confronto fra due grandi della scienza moderna, Lawrence Krauss e Richard Dawkins. Il dialogo, condotto con rigore e razionalità vuole smascherare alcuni importanti tabù pseudo-scientifici., analizzando anche l’attendibilità di fonti della conoscenza, come la Genesi, venerata per secoli come manuale scientifico. Infine va rivalutata la dimensione culturale della scienza che contribuisce alla democrazia. Galileo è diventato il simbolo della libera ricerca scientifica ostacolata dalle ingerenze del potere politico. Oggi una cultura libera e democratica dovrebbe coltivare un rapporto positivo con la scienza. Infine abbiamo menzionato il ruolo del potere mediatico che “non si cura della verità o del buon gusto ma solo dell’audience; la scienza invece, poiché tende a migliorare le condizioni dell’uomo, è per definizione positiva”(Veronesi).

Poteri e scienza

Tocca a noi ora dire la nostra

Da sempre i rapporti tra scienza, scienziati e cultura politica sono problematici. Nei secoli si è creata una dicotomia tra scienza e religione. Non per questo però tutti gli scienziati sono atei o tutti i religiosi contro la scienza.
Il processo a Galileo è di per sè un unicum in questo campo ed è per noi il punto di partenza per passare ad altri contesti, sarà la chiave di riflessioni successive riguardanti il rapporto tra scienza-politica, scienza-religione, scienza-società nel corso della storia.



Nei prossimi mesi si parlerà tanto di scienza. Il 2009 sarà infatti l'anno mondiale dell'astronomia e anche in questa occasione si parlerà di Galileo che proprio 400 anni fa, nel 1609, puntò per la prima volta al cielo il telescopio. E quel giocattolo olandese diventò così uno strumento potentissimo capace di destare stupore e meraviglia. Ma cosa vide Galileo? Galileo vide le macchie solari, vide le fasi di Venere, i satelliti di Saturno, osservò la superficie della Luna e vide che non era liscia. Queste erano tutte prove indirette del sistema copernicano, ma ancora gli mancava una vera e propria prova del movimento della Terra.
Galileo, che inizialmente era un copernicano silenzioso, spaventato per così dire dalle vicende di quegli anni, nel 1610 pubblicò il Siderius Nuntius. Galileo allora non era più l'astronomo che doveva salvare le apparenze, era il filosofo che sosteneva la teoria copernicana non più solo come "utile finzione". La Bibbia però diceva il contrario e come poteva sbagliare? Il cardinale Bellarmino sosteneva la teoria di Galileo solo come possibile tesi matematica. Ma Galileo intravvedend una possibilità di vittoria, iniziò a scrivere in Italiano affinché tutti potessero capirlo. Aveva appoggi nel mondo ecclesiastico, ma non erano i più forti. Con il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo si mise chiaramente contro il papa Barberini. Pochi mesi dopo fu condannato e alla fine fu costretto ad abiurare.
Perché Galileo ha abiurato e non ha sostenuto fino in fondo la sua tesi? E' forse stato un codardo? Galileo è diventato il simbolo del mito della libertà della ricerca scientifica e dell'ingerenza dell'autorità in essa, ma alla scienza tutto è lecito? E' da considerare sempre martire o in alcuni casi la scienza è colpevole? Sono queste alcune delle domande che sono emerse nell'incontro con il dott. Fabio Toscano, storico della scienza. Possiamo fare del caso Galileo uno spunto per approfondire… tocca a noi ora dire la nostra.

Cecilia Sereni Lucarelli, 17 anni

Perché per me questo progetto rappresenta una grande sfida



Il progetto “I giovani nella costruzione di una società europea della conoscenza” mi ha incuriosito subito, perché rappresenta una grande opportunità, per noi giovani dell’Unione Europea, di contribuire attivamente, da protagonisti, alla costruzione del nostro futuro, mettendo a frutto conoscenze linguistiche e scientifiche e ampliando così il nostro bagaglio culturale. La mia adesione al progetto è stata principalmente dettata dalla curiosità, dal desiderio di mettermi in gioco, di confrontarmi con i miei coetanei acquisendo una conoscenza critica attraverso il dialogo e lo scambio d’idee. Sicuramente noi giovani siamo investiti di una grande responsabilità all’interno del progetto: instaureremo un dialogo con esperti, ricercatori, scienziati ed infine con le istituzioni europee, giungendo ad elaborare venti raccomandazioni da consegnare ai commissari europei. Per queste ragioni il progetto rappresenta per me una grande sfida. Quella di riuscire davvero, insieme, a gettare le basi per una società della conoscenza.

Chiara Minotti, 16 anni

Consapevoli di rappresentare il futuro del mondo

Erano le due e quindici in punto, quando ho suonato il campanello della porta principale del Liceo Scientifico. Ricordo bene, infatti, di avere sentito rimbombare in lontananza delle campane, che scoccavano ogni quarto d’ora. L’incontro formativo sarebbe incominciato alle due e trenta; ero troppo in anticipo per i miei standard di studente che giunge a scuola ogni giorno a brucia pelo, barcamenandosi tra il suono della campanella di inizio delle lezioni e la speranza di non trovare chiusa la porta che conduce all’aula. “Sei sulla schiena del buratello” mi aveva ripetuto più volte la mia professoressa di Arte. Eppure, ignaro del significato di tale frase, io non domandavo altre spiegazioni e mi accomodavo al mio posto in silenzio. Certo che i giovani di oggi sono proprio strani alle volte. Ma bando alle ciance, evitiamo di dilungarci in preamboli superflui e giungiamo al nocciolo della questione. “Perché quel giorno, dopo un pasto frugale ed un compito di trigonometria sul groppone ritornavo a scuola il pomeriggio?” Ebbene a tale domanda io e altre venti persone circa, cercavamo una spiegazione. In breve, nei giorni precedenti era passata per le classi una circolare concernente un progetto che si sarebbe concluso in un soggiorno nelle città di Parigi e Poitiers. Le modalità e i criteri del progetto erano nebulosi, tuttavia il coronamento di tale approfondimento culturale nel viaggio in Francia, era un piatto allettante e irresistibile anche per le bocche più diffidenti e restie.
Allora le menti di tutti noi vagavano nelle tenebre più cupe. Ho atteso i quindici minuti di anticipo, seduto nell’atrio, vedendomi sfilare davanti ragazzi e ragazze che avrei conosciuto da lì a pochi minuti, che giungevano singoli o in coppia. Il nostro primo incontro formativo lo stimerei pressoché illuminante. Ho selezionato una posizione abbastanza defilata nella fila di banchi centrale per non dare troppo nell’occhio, ma neppure per apparire menefreghista e insofferente alla questione. Eccoci lì, noi, quelli che una professoressa che conosco bene ahimé, ha definito ironicamente “la crème del Liceo”, “coloro che possono camminare a petto gonfio e guardare le persone dall’alto al basso”. Per quanto noi giovani siamo strani, anche alcuni adulti si difendono bene.



Non percepivo un’atmosfera serenissima all’inizio. Eravamo isolati, ognuno trincerato nel suo microcosmo apparentemente invalicabile. Ci scrutavamo, ci studiavamo l’uno con l’altro. In cuor suo ognuno si rimproverava “ma chi me lo ha fatto fare di mischiarmi in questo covo di secchioni?” Aveva ragione Nietzsche quando diceva che al mondo ci sono infiniti centri, poiché ogni uomo si sente fulcro dell’intero globo. Tuttavia pian piano le barricate ed i fili spinati, costruiti dal nostro orgoglio, sono stati via via sgretolati dalle parole di colei che ci ha delucidato le modalità del progetto, creando un clima ricco di rilassatezza e di mollezza. La donna giovane che ci è venuta a parlare svolge il ruolo di accompagnatrice, o meglio moderatrice nel lungo cammino del progetto. Ella deve canalizzare tutti i nostri spunti e le nostre proposte, indicandoci la maniera per metterle alla luce.
Terminata la parte esplicativa dell’argomento, abbiamo iniziato la presentazione dei vari componenti del gruppo. E che personaggi ci sono! Ognuno ha messo in luce le maggiori competenze di cui dispone, in modo da definire dei primi ruoli per la realizzazione del progetto. La natura e l’indole di ciascuno ha differenti inclinazioni, che saranno utili per dare vita ad un lavoro completo ed efficace sotto ogni aspetto. La lingua, ovviamente, è un particolare fondamentale, poiché, benché oggigiorno i politici comunichino a gesti ed insulti, senza una minima conoscenza è impossibile ogni relazione. Se l’inglese era il pane quotidiano di tutti, masticato da chi con maggior gusto, da chi un po’ meno agevolmente, si stagliano persone che hanno il loro cavallo di battaglia nel francese, nel tedesco, nello spagnolo, e vi è persino una polacca D.O.C. Insomma il settore linguistico è il meno problematico, visto il piccolo “melting pot” nel nostro gruppo. Tuttavia questo è solo un piccolo assaggio. Difatti, dietro a facce più o meno bizzarre, perplesse o solari o pensose, si celavano le figure più stravaganti: troviamo qualche piccolo Pitagora, geni della matematica e della fisica; informatici alle prime armi, i cui visi scorgeremo stagliati baldanzosamente sulle prime pagine di tutti i giornali, dopo che avranno scippato la dolce e comoda poltrona al “molto simpatico” Bill Gates; qualche speranzoso fotografo, che preghiamo il buon Dio, non si commercializzi o si faccia imprigionare dal business comme Anne Geddes; quindi troviamo qualche promettente presentatrice, dotata dell’arte della loquela e del portamento ciceroniano, che voglia il cielo non faccia la fine di Maria de Filippi; poi vi sono degli aspiranti scrittori, poeti e giornalisti, un ragazzo che è ammanicato col potere ed espande i suoi tentacoli in un’area su cui non incombe neppure l’ombra del nostro premier Silvio Berlusconi, ed infine il Socrate del terzo millennio, Francesco Furno, un pioniere voglioso di scoprire ed esprimere in ogni circostanza ciò che pensa, il futuro politico dominante in Italia. Beh, se non altro, quando vedremo il suo volto su tutti i giornali, ci potremo vantare di conoscerlo già da tempo.
Stabilito l’appuntamento per il prossimo incontro, siamo usciti tra baci e saluti. Un sapore dolciastro invadeva il nostro palato, un bagliore particolare rendeva luccicante il nostro sguardo: eravamo e siamo consapevoli tuttora di essere grandi nella nostra insignificanza, di rappresentare il futuro del mondo, di poter cambiare il mondo!

Matteo Benini, 17 anni

martedì 16 settembre 2008

Per cominciare sorridendo...

I giovani europei nella costruzione di una società della conoscenza

Dal mese di febbraio al mese di novembre 2008 Controvento Società Cooperativa rappresenta e coordina per l'Italia il progetto europeo  "I giovani nella costruzione di una società europea della conoscenza". Il progetto, commissionato dalla Presidenza Francese dell'Unione Europea, ha l'obiettivo di favorire il contributo e la partecipazione dei giovani europei alla costruzione di una società della conoscenza attraverso l'elaborazione di un documento comune. Ulteriori informazioni al sito web http://www.coopcontrovento.it





Questo blog ha la funzione di permettere ai giovani partecipanti a questa iniziativa di dibattere, confrontarsi e scambiare riflessioni attorno a temi quali scienza, tecnologia, ricerca, sapere, comunicazione, democrazia, società della conoscenza, cittadinanza, cambiamenti e prospettive globali.