mercoledì 17 settembre 2008

Consapevoli di rappresentare il futuro del mondo

Erano le due e quindici in punto, quando ho suonato il campanello della porta principale del Liceo Scientifico. Ricordo bene, infatti, di avere sentito rimbombare in lontananza delle campane, che scoccavano ogni quarto d’ora. L’incontro formativo sarebbe incominciato alle due e trenta; ero troppo in anticipo per i miei standard di studente che giunge a scuola ogni giorno a brucia pelo, barcamenandosi tra il suono della campanella di inizio delle lezioni e la speranza di non trovare chiusa la porta che conduce all’aula. “Sei sulla schiena del buratello” mi aveva ripetuto più volte la mia professoressa di Arte. Eppure, ignaro del significato di tale frase, io non domandavo altre spiegazioni e mi accomodavo al mio posto in silenzio. Certo che i giovani di oggi sono proprio strani alle volte. Ma bando alle ciance, evitiamo di dilungarci in preamboli superflui e giungiamo al nocciolo della questione. “Perché quel giorno, dopo un pasto frugale ed un compito di trigonometria sul groppone ritornavo a scuola il pomeriggio?” Ebbene a tale domanda io e altre venti persone circa, cercavamo una spiegazione. In breve, nei giorni precedenti era passata per le classi una circolare concernente un progetto che si sarebbe concluso in un soggiorno nelle città di Parigi e Poitiers. Le modalità e i criteri del progetto erano nebulosi, tuttavia il coronamento di tale approfondimento culturale nel viaggio in Francia, era un piatto allettante e irresistibile anche per le bocche più diffidenti e restie.
Allora le menti di tutti noi vagavano nelle tenebre più cupe. Ho atteso i quindici minuti di anticipo, seduto nell’atrio, vedendomi sfilare davanti ragazzi e ragazze che avrei conosciuto da lì a pochi minuti, che giungevano singoli o in coppia. Il nostro primo incontro formativo lo stimerei pressoché illuminante. Ho selezionato una posizione abbastanza defilata nella fila di banchi centrale per non dare troppo nell’occhio, ma neppure per apparire menefreghista e insofferente alla questione. Eccoci lì, noi, quelli che una professoressa che conosco bene ahimé, ha definito ironicamente “la crème del Liceo”, “coloro che possono camminare a petto gonfio e guardare le persone dall’alto al basso”. Per quanto noi giovani siamo strani, anche alcuni adulti si difendono bene.



Non percepivo un’atmosfera serenissima all’inizio. Eravamo isolati, ognuno trincerato nel suo microcosmo apparentemente invalicabile. Ci scrutavamo, ci studiavamo l’uno con l’altro. In cuor suo ognuno si rimproverava “ma chi me lo ha fatto fare di mischiarmi in questo covo di secchioni?” Aveva ragione Nietzsche quando diceva che al mondo ci sono infiniti centri, poiché ogni uomo si sente fulcro dell’intero globo. Tuttavia pian piano le barricate ed i fili spinati, costruiti dal nostro orgoglio, sono stati via via sgretolati dalle parole di colei che ci ha delucidato le modalità del progetto, creando un clima ricco di rilassatezza e di mollezza. La donna giovane che ci è venuta a parlare svolge il ruolo di accompagnatrice, o meglio moderatrice nel lungo cammino del progetto. Ella deve canalizzare tutti i nostri spunti e le nostre proposte, indicandoci la maniera per metterle alla luce.
Terminata la parte esplicativa dell’argomento, abbiamo iniziato la presentazione dei vari componenti del gruppo. E che personaggi ci sono! Ognuno ha messo in luce le maggiori competenze di cui dispone, in modo da definire dei primi ruoli per la realizzazione del progetto. La natura e l’indole di ciascuno ha differenti inclinazioni, che saranno utili per dare vita ad un lavoro completo ed efficace sotto ogni aspetto. La lingua, ovviamente, è un particolare fondamentale, poiché, benché oggigiorno i politici comunichino a gesti ed insulti, senza una minima conoscenza è impossibile ogni relazione. Se l’inglese era il pane quotidiano di tutti, masticato da chi con maggior gusto, da chi un po’ meno agevolmente, si stagliano persone che hanno il loro cavallo di battaglia nel francese, nel tedesco, nello spagnolo, e vi è persino una polacca D.O.C. Insomma il settore linguistico è il meno problematico, visto il piccolo “melting pot” nel nostro gruppo. Tuttavia questo è solo un piccolo assaggio. Difatti, dietro a facce più o meno bizzarre, perplesse o solari o pensose, si celavano le figure più stravaganti: troviamo qualche piccolo Pitagora, geni della matematica e della fisica; informatici alle prime armi, i cui visi scorgeremo stagliati baldanzosamente sulle prime pagine di tutti i giornali, dopo che avranno scippato la dolce e comoda poltrona al “molto simpatico” Bill Gates; qualche speranzoso fotografo, che preghiamo il buon Dio, non si commercializzi o si faccia imprigionare dal business comme Anne Geddes; quindi troviamo qualche promettente presentatrice, dotata dell’arte della loquela e del portamento ciceroniano, che voglia il cielo non faccia la fine di Maria de Filippi; poi vi sono degli aspiranti scrittori, poeti e giornalisti, un ragazzo che è ammanicato col potere ed espande i suoi tentacoli in un’area su cui non incombe neppure l’ombra del nostro premier Silvio Berlusconi, ed infine il Socrate del terzo millennio, Francesco Furno, un pioniere voglioso di scoprire ed esprimere in ogni circostanza ciò che pensa, il futuro politico dominante in Italia. Beh, se non altro, quando vedremo il suo volto su tutti i giornali, ci potremo vantare di conoscerlo già da tempo.
Stabilito l’appuntamento per il prossimo incontro, siamo usciti tra baci e saluti. Un sapore dolciastro invadeva il nostro palato, un bagliore particolare rendeva luccicante il nostro sguardo: eravamo e siamo consapevoli tuttora di essere grandi nella nostra insignificanza, di rappresentare il futuro del mondo, di poter cambiare il mondo!

Matteo Benini, 17 anni

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