Il 17 giugno, presso l’Hotel della Città di Forlì, abbiamo tenuto un incontro molto interessante con il filosofo Igino Zavatti per approfondire le nostre conoscenze e per fare un passo avanti verso la redazione dei venti suggerimenti da portare in Francia ad ottobre. Siamo partiti proprio dalla domanda “Cosa chiedere o non chiedere alla scienza?” per arrivare a discutere sulla differenza fra scienza e conoscenza. Il primo risultato ottenuto è stato la consapevolezza che la scienza fa parte della conoscenza, ma non la esaurisce e procede per oggettivazioni, con metodiche diverse in funzione dei diversi campi di esperienze. Ma l’oggettivazione viene sempre ricercata per avere una verità unica, salda, da utilizzare come fondamenta per altri studi.
La nostra attenzione si è concentrata poi sul problema della verità: “La verità esiste? Non esiste? Nella scienza è presente oppure no?” Analizzando tre grandi momenti storici, ovvero il mondo greco, l’età galileiana e il mondo odierno, abbiamo concluso che la verità è relativa alla maniera in cui si considera un oggetto. Dipende sostanzialmente dal punto di vista e questo non significa che questa realtà sia inconfutabile. Infatti il filosofo Popper, uno dei partecipanti al Circolo di Vienna nel XX° secolo, andando contro il principio della verificazione elaborato dai suoi coetanei, fondò quello della falsificabilità, che consiste nella simmetria fra il verificare un teoria e la falsificazione della medesima. Il processo storico che ha portato alla consapevolezza dell’esistenza di una verità assoluta ha origine nel pensiero greco. Successivamente con Galileo entra in gioco anche l’esperimento, strumento fondamentale per dimostrare un’ipotesi. Ma, come nei Greci, anche in Galileo il sapere ha uno stretto legame con il divino, anche se ad un livello diverso. Per lui, infatti, solo tramite la conoscenza matematica si può giungere ad una cognizione elevata come quella di Dio. Bisognerà aspettare l’800 e il ‘900 perché la matematica vada in crisi ridimensionandosi per importanza e divenendo un semplice sapere umano.
Ed ecco che qui si è aperto un nuovo quesito: “La matematica, come scienza, è invenzione o scoperta?” Potrebbe essere, secondo alcuni ragazzi, un’approssimazione della realtà attuata dall’uomo per scopi pratici. In effetti, la matematica è nata inizialmente come mezzo utile alla vita quotidiana, e solo in seguito con la scuola pitagorica, si è evoluta come scienza basata sulla dimostrazione. Alla fine della discussione abbiamo concluso, che con la nascita della scienza è iniziato lo studio degli oggetti per conoscere la realtà quale essa è. Rapportandoci con il mondo attuale, abbiamo osservato che la tecnoscienza attua le sue ricerca per scopi pratici e si alimenta grazie alla tecnologia, che non ha limiti. Ma è grazie ai Greci che è nato lo studio della natura che vale di per sé, e questo è l’asse portante della cultura europea. Non è un caso che le università (dal termine universus utilizzato per designare il sapere disinteressato dall’utile) siano nate in Europa.
Pertanto la nostra attenzione si è concentrata proprio su questo aspetto: la ricerca di base, il sapere senza fini pratici, la ricerca basata sullo spirito di conoscenza priva di altri interessi. Secondo Zavatti, oggi la scienza di base è fondamentale, rappresenta l’aspetto sul quale più si deve investire, perché rappresenta la base di conoscenze che permetterà di risolvere le problematiche cui la ricerca applicata non fornisce soluzione. Questa affermazione è condivisa da tutti noi. In realtà, il mondo industriale ha bisogno di una ricaduta immediata delle ricerche sul mercato per poter continuare a finanziare la ricerca, indi per cui fare progredire la ricerca di base risulta un lavoro arduo.
Dopo questa riflessione, siamo passati a discutere il problema del senso, la ragion pratica e l’eterogeneità dei fini di Kant, per concludere la nostra conversazione con una domanda: “Se la scienza fosse un palcoscenico, quali sarebbero i personaggi e quale ruolo assumerebbero?” A questo proposito, siamo ripartiti da una base storica. Per i Greci esistevano solo due figure, il soggetto e l’oggetto. Successivamente, è subentrato un altro personaggio, ovvero la comunità scientifica, la quale deve esser convinta della teoria di cui lo scienziato è portatore: ecco dunque che un mezzo di primaria importanza è divenuto la retorica, elaborata nell’antica Grecia dai sofisti.
Dopo queste considerazioni, abbiamo concluso come, per arrivare a costruire una società della conoscenza, sia necessario prendere in seria considerazione la dimensione culturale della scienza, attraverso quei diversi approcci, come quello storico o filosofico, che sono le fondamenta della cultura.
Lorenzo Casadei, 17 anni
mercoledì 17 settembre 2008
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