Mi è venuta in mente una domanda riflettendo sul nostro compito nell'Europa del futuro.
A che cosa andiamo alla ricerca veramente? Alla conoscenza o alla sapienza? Sono due cose che tra loro si completano, oppure l'una è disgiunta dall'altra?
Ovviamente le risposte che ho tentato di darmi sono state di vario genere, ma tutte inconcluse. Può essere la sapienza una dote innata(per riallacciarsi a una domanda posta nell'incontro con la dottoressa Hamon)?
Voi che ne pensate?
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2 commenti:
Se accettiamo la definizione convenzionale che la sapienza corrisponda ad una ricchezza di dottrina e di capacità spirituali e che il sapiente sia colui che ha conoscenze vaste e profonde ma che è anche dotato di senno, allora penso che la sapienza non possa essere innata. Perché la sapienza richiede la rielaborazione delle conoscenze acquisite , è intrisa di esperienza ed implica da parte del soggetto un utilizzo non casuale dei saperi.
Se la conoscenza è connessa all'apprendimento e corrisponde ad una consapevolezza acquisita nel tempo e nello spazio, non per forza implica saggezza. La somma dei saperi rende l'uomo dotto, non saggio.
Pertanto, pensando all'Europa (o alla Terra) del futuro auspico la ricerca di una società della sapienza.
Ora la domanda che si pone è la seguente: è utopistico immaginare una società costituita da cittadini consapevolmente e volontariamente sapienti? Colgo qui l'occasione per rilanciare una discussione abbozzata durante l'incontro con il dott. Fabio Toscano: con quale diritto pochi possono decidere di erudire molti, senza che questi ultimi abbiano manifestato curiosità o abbiano rilevato l'urgenza e il bisogno di conoscere?
Secondo il mio parere l'apertura della "massa" all'acquisizione di un sapere scientifico è un problema che si origina direttamente dalle radici della società contemporanea. Come ha evidenziato il dott.Fabio Toscano durante la sua conferenza quando un lavoratore medio, dipendente o libero professionista che sia, torna a casa dopo una lunga e intensa giornata di lavoro ha sicuramente poca voglia di aprire un rivista scientifica, se ne dispone, soprattutto se questa gli si presenta al primo impatto difficile e per la quale è necessario un consistente sforzo mentale; molte persone non conoscono neppure l’esistenza di determinate riviste scientifiche e comunque anche se ne fossero al corrente probabilmente non farebbero lo sforzo di acquistarle semplicemente perché non hanno interesse a farlo. Ora, in una società come la nostra, che sicuramente proprio per il problema che stiamo analizzando è lontana dall’essere definita “della conoscenza”, le persone non hanno la curiosità e il bisogno di conoscere, ad esclusione delle eccezioni ma quelle esistono in tutti i contesti; la stragrande maggioranza di esse non sente la necessità di informarsi scientificamente bensì preferisce assopirsi e delegare ad altri che reputa più esperti perciò risulta veramente difficile se non impossibile cambiare la loro mentalità. Questi atteggiamenti sono profondamente radicati perciò l’unica soluzione veramente efficace sarebbe quella di ricominciare dalla scuola, fare tabula rasa e investire sugli adulti di domani già a partire dei primi anni di scuola, so che questa è una soluzione proposta e riproposta già molte volte e potrebbe sembrare la più scontata ma è sicuramente la più efficace. Quello che voglio aggiungere però è che per poter rendere il più efficiente possibile la formazione scolastica ci vuole una sorta di humus su cui basare lo sviluppo dei giovani e la sensibilizzazione degli adulti composto da innanzitutto riviste mensili di più ampio respiro, non troppo impegnative ma provviste dei contenuti fondamentali e magari l’apertura di siti internet di cui è garantita l’attendibilità facilmente reperibili. Tutti questi cambiamenti naturalmente non avranno un’immediata efficacia, avranno bisogno di molto tempo per rendere ma penso che per riuscire a risolvere un problema di questo tipo il fattore tempo sia gia a priori considerato necessario.
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