mercoledì 8 ottobre 2008

Alcuni suggerimenti proposti da Lorenzo Valzania

Volevo mettere al corrente tutti gli appartenenti al gruppo, in particolar modo Francesco ed Elena, che si dovranno recare fra pochi giorni in Francia, di alcune mie riflessioni e bozze di suggerimenti, che spero potranno rivelarsi utili.

Innanzitutto, credo che una società europea della conoscenza sia possibile, se non altro per favorire lo scambio di idee in tutto il continente. Inoltre, la possibilità di coinvolgere le nuove generazioni consentirà al progetto di sopravvivere e irrobustirsi nel tempo.

Ho trovato di particolare interesse un articolo nel numero 479 di Le Scienze di luglio 2008 (nulla di complicato). Si parla di comunicazione della scienza, ed in particolar modo di una pratica chiamata Scienza 2.0, con la quale gli scienziati pubblicano on line risultati sperimentali e teorie nuove che chiunque può leggere e commentare. I critici rivendicano il rischio di plagio per ottenere riconoscimenti e brevetti che, come il dott. Beccari ci ha spiegato, sono la vera risorsa di un’azienda. Tuttavia, i più considerano queste pratiche open access un’ottima opportunità per rendere la ricerca più collaborativa e, quindi più produttiva. Dunque, l’idea calza a pennello nel momento in cui siamo chiamati a gettare le basi per una società europea della conoscenza: può, a mio parere, essere un collante per la comunità intera. Potenziali partecipanti a questi blog sono tutti i cittadini, dai più ai meno informati in materia. Inoltre il metodo risulterebbe alquanto flessibile, poiché applicabile a qualsiasi disciplina. Al momento sono al corrente solo di casi negli Stati Uniti, dove importanti università e centri di ricerca quali l’università di Harvard e il MIT hanno intrapreso questa forma di scambio riconoscendo i vantaggi della collaborazione fra menti. È un importante esempio di democrazia, che noi europei non dovremmo lasciarci scappare.

Un secondo suggerimento è quello di avvicinare maggiormente gli scienziati ai media. Ricerche portate a termine in Giappone e USA hanno dimostrato che la frequenza dei contatti fra i loro giornalisti e scienziati è aumentata negli ultimi tre anni. L’obiettivo è quello di responsabilizzare il pubblico (vedi incontro con Fabio Toscano) e renderlo più sensibile a temi importanti come la ricerca o la cultura in senso lato. Occorre essere disposti a rischiare, accostando il mondo scientifico a quello mediatico, occorre superare i primi attriti (spesso i ricercatori temono di essere citati dai giornalisti in maniera scorretta) perché il guadagno finale è molto maggiore.

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